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Il vero “ExpoGate” non aspetta l’inaugurazione

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Per voi affari, speculazioni e tangenti, per noi crisi, cemento e free jobs

I recenti arresti ai vertici di Expo S.p.A. e dell’impresa Maltauro S.p.A., appaltatrice delle Vie d’Acqua, sono l’ennesima conferma dell’esistenza di un cartello fatto di politici, funzionari pubblici e imprenditori con il compito di pilotare appalti e distribuire prebende a cordate di poteri politico-economici il cui unico interesse è spartirti la torta del grande evento. Dell’esistenza di un “Sistema Expo 2015” ne parliamo da circa due anni, da quando tinteggiammo di Noir una delle possibili narrazioni dell’Esposizione Universale del 2015 incentrata sull’intreccio tra politica, crimine e appalti.
Oggi, effettivamente, a Milano il vero ExpoGate non è quello che verrà inaugurato questo sabato davanti al Castello Sforzesco.

Verrebbe da dire che, se Expo condensa – dietro la luccicante immagine della città vetrina – lauti profitti, grandi affari e un po’ meno sbandierabili mazzette, per i territori che attraversa le briciole che cadono dalla tavola imbandita sono fatte di crisi, grandi opere inutili e lavoro precario quando non addirittura gratuito, ossia le declinazione meneghine del trinomio “debito, cemento e precarietà” con il quale abbiamo provato a raccontare l’Esposizione.

Oggi più che mai è chiaro che Expo serve a drenare risorse da un welfare già massacrato dai colpi dell’austerity e a ridefinire le regole del mercato del lavoro introducendo dispositivi precarizzanti attraverso il Jobs Act e il piano Garanzia Giovani. Expo 2015 è un’immensa speculazione edilizia su un’area in precedenza agricola e acceleratore dei processi di trasformazione di tutta l’area metrolombarda con la realizzaziome di infrastrutture nocive ed altamente impattanti come BreBeMi, TEM e Pedemontana o come la viabilità di collegamento dal parcheggio Expo sull’area dell’Alfa Romeo e il sito Expo, come la sottovia di Pero o le Vie d’Acqua che stanno devastando i parchi della città di Milano.

Gli arresti di oggi e la recente inchiesta su Infrastrutture Lombarde gettano anche un’ombra sul futuro dell’area Expo, la quale è già oggetto delle mire di palazzinari rapaci che orbitano attorno Legacoop e Compagnia delle Opere. I recenti alleggerimenti dei controlli antimafia ci fanno ritenere che i prossimi mesi, quelli che ci separano dall’apertura dei cancelli del grande evento, saranno anche peggio sotto il profilo delle infiltrazioni criminali. Arrivati a questo punto l’unico modo per fare un Expo “mafia-free“, come direbbe il leghista Maroni, è non farlo proprio.

A questo punto dovrebbe apparire chiaro a tutti che chi in questi giorni glisserà sulla questione parlando di “controlli che funzionano” o insisterà nuovamente sui “tempi stretti” per portare a casa il grande evento – citiamo il prevedibile copione dei “terminali istituzionali” del “Sistema Expo 2015” che siedono in Comune e in Regione – ha probabilmente un certo grado di internità a quanto sta avvenendo, oltre che esser politicamente responsabile del grande bluff Expo 2015. Un grande evento salvifico solo per la solita banda di affaristi che estraggono profitti speculando sulle nostre esistenze precarie.

Centro Sociale SOS Fornace
No Expo

 


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